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La FED cambia la sua politica sull’inflazione.
La scorsa settimana, in occasione del simposio economico di Jackson Hole, il governatore della Banca Centrale Americana Jerome Powell ha comunicato un’importante revisione degli obiettivi di medio termine che guidano le politiche monetarie della banca centrale. Il principale cambiamento riguarda l’adozione di un target di inflazione differente. Se in passato la banca centrale ha avuto come obiettivo quello di mantenere il valore puntuale dell’inflazione entro il 2%, in futuro l’obiettivo sarà quello di mantenere un “tasso di inflazione medio del 2% nel corso del tempo” (ovvero il cosiddetto average inflation targeting).
Dunque, la banca centrale punterà ora a raggiungere un’inflazione media del 2% nel tempo. Ciò significa che la FED in futuro sarà disposta a tollerare un’inflazione più alta “per alcuni periodi”. Anzi, nel caso di persistente sforamento al ribasso del target, lo sforzo dichiarato sarà volto a riportare l’inflazione “moderatamente sopra il 2% per un certo periodo”
Cresce l’importanza della massima occupazione.
Un secondo importante cambiamento riguarda la maggiore enfasi sull’obiettivo di piena occupazione. La Fed si prefiggerà di contrastare qualsiasi calo al di sotto della “massima” occupazione. Si ridimensiona quindi la rilevanza del cosiddetto tasso “naturale” di disoccupazione (ovvero il tasso di disoccupazione minino che non innesca pressioni salariali ed inflattive indesiderate).
Le ragioni del cambiamento di approccio.
Il nuovo approccio alla politica monetaria concede alla FED maggiore margine di manovra nella gestione del livello dei tassi di interesse e sposta maggiormente il focus dall’inflazione alla crescita. Ciò consentirà di mantenere i tassi bassi più a lungo che nel passato per non rischiare di soffocare sul nascere la ripresa dell’attività economica dopo la grande crisi generata all’emergenza sanitaria.
Tale cambio è stato reso possibile anche dalla minore rilevanza negli ultimi anni della cosiddetta “curva di Philips” che esprime la correlazione negativa tra il tasso di disoccupazione e l’inflazione: negli ultimi anni, infatti, livelli di disoccupazione molto bassa non hanno avuto forti impatti sulla crescita salariale e sul livello dei prezzi.
Quali le possibili conseguenze dei recenti cambiamenti?
Secondo la maggior parte degli economisti il cambio di politica monetaria comporterà nel medio termine un approccio più accomodante: la politica monetaria sarà in futuro più espansiva e per tempi più lunghi rispetto a quanto sarebbe avvenuto con la precedente strategia.
Nel breve termine, tale politica dovrebbe supportare gli asset rischiosi ed influenzare negativamente il dollaro americano (ovviamente a parità di altre condizioni).

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