Continua la corsa dell’inflazione sia in Europa che negli Stati Uniti a livelli vicini al 9%. Perché l’inflazione non accenna a scendere nonostante le Banche centrali ed i governi di tutto il mondo si stiano attivando per contenerne corsa ed impatto su famiglie ed imprese? Quali i possibili rimedi? Quali gli effetti collaterali delle misure attuate? Proviamo a spiegarlo in parole semplici.
Cause e tipologie di inflazione
Nelle economie di mercato i prezzi di beni e servizi non sono imposti, ma tendono ad oscillare nel tempo. Si ha inflazione quando si registra un incremento del livello medio generale dei prezzi. Questo determina una progressiva riduzione del potere di acquisto, cioè del valore della moneta, poiché con la stessa quantità di moneta si possono acquistare meno beni e servizi rispetto al passato. Quali sono le cause dell’inflazione? Nel breve periodo l’inflazione è riconducibile all’effetto separato o congiunto di due cause: i prezzi di norma aumentano se in media aumenta la domanda aggregata e/o diminuisce l’offerta di beni e servizi. In altri termini, possono determinarsi spinte inflazionistiche se intervengono cambiamenti (gli economisti parlano spesso di “shock” per riferirsi a variazioni inattese degli andamenti economici) che inducono i consumatori ad aumentare le proprie spese o le imprese a ridurre la produzione. Nel primo caso, in cui l’inflazione è provocata da un aumento della domanda di beni e servizi che non riesce ad essere soddisfatta dalle imprese produttrici, la letteratura economica parla di “inflazione da domanda”. Nel secondo caso, nel quale l‘aumento dei costi di produzione determina una contrazione dell’offerta di beni e servizi da parte delle imprese, si parla di “inflazione da costi”.
L’interruzione delle attività produttive che si è avuta in tutto il mondo a seguito della pandemia da Covid e la rapida ripresa dell’economia che ne è conseguita, ha determinato a partire dal 2021 un rapido incremento dell’inflazione: poiché le imprese di tutto il mondo non riuscivano a soddisfare la crescente richiesta di beni e servizi, i prezzi sono rapidamente saliti. A questa prima causa si è aggiunta quella derivante da un incremento dei costi di produzione, in parte legata all’incremento delle materie prime energetiche. In altri termini, ad un’inflazione da domanda se ne è aggiunta una da offerta, in un mix esplosivo che ha fatto letteralmente decollare il livello dei prezzi (si veda il grafico sotto relativo all’Italia):
Secondo molti economisti, l’attuale incremento dei prezzi ha in parte cause che sono più remote e legate al forte incremento della quantità di moneta immessa dalle banche centrali nell’ultimo decennio. Infatti, nel più lungo periodo, l’inflazione è sostanzialmente un fenomeno monetario: numerosi studi empirici dimostrano che periodi prolungati di inflazione elevata tendono a coincidere con fasi consistenti di crescita della moneta in circolazione. In sostanza, quando c’è troppa moneta questa tende a perdere di valore. Poiché, per far ripartire l’economia mondiale dopo la grande crisi finanziaria ed economica del 2008-2009, le Banche Centrali di tutto il mondo negli ultimi anni hanno letteralmente inondato il mercato di liquidità per evitare il collasso del sistema finanziario e favorire la ripresa dell’economia, questa enorme quantità di moneta sta ora impattando sul livello dei prezzi, favorendo la crescita dell’inflazione.
Rimedi all’inflazione
In caso di inflazione, le Banche Centrali aumentano di norma i tassi di interesse per evitare che tali pressioni inflazionistiche si traducano in un elevato e prolungato processo di incremento dei prezzi. Infatti, una variazione dei tassi di interesse di breve termine della banca centrale determina l’avvio di una serie di meccanismi che influiscono sulle decisioni di spesa e di risparmio delle famiglie e delle imprese e conseguentemente anche sui livelli di inflazione. A parità di altre condizioni, tassi più elevati rendono meno appetibile per le famiglie contrarre prestiti per finanziare i consumi o gli investimenti (come l’acquisto di un immobile); stimolano la propensione al risparmio in quanto questo viene remunerato a tassi più alti se investito; inducono le imprese a contrarre gli investimenti in quanto si riducono il numero di progetti di investimento in grado di offrire remunerazioni sufficienti a coprire il maggior costo del capitale.
Tale meccanismo di influenza su consumi, investimenti e risparmio non ha però un effetto immediato sull’inflazione, in quanto famiglie ed imprese non rivedono immediatamente le proprie scelte. Di norma, occorrono alcuni mesi prima che i prezzi inizino ad avvertire gli effetti della politica monetaria e da uno a tre anni perché essa esplichi tutti i suoi effetti. È questo uno dei motivi per cui l’incremento dei tassi ufficiali che le Banche Centrali hanno effettuato negli ultimi mesi non sta ancora avendo nessun effetto sul livello dei prezzi.
Effetti collaterali della lotta all’inflazione
Il rialzo dei tassi ha però anche importanti effetti collaterali: il principale è rappresentato dal rallentamento della crescita economica. In realtà, il principale “effetto collaterale” è in qualche modo proprio il risultato che si vuole ottenere con il rialzo dei tassi ed è uno dei motivi, insieme all’incremento dei costi energetici, ad aver incrementato le probabilità di recessione nel corso del 2023. Infatti, è frequente che dopo un forte incremento dei tassi di interesse, l’economia finisca in recessione. Perché, ci si domanderà, le Banche Centrali sono così determinate nel combattere l’inflazione a costo di mandare l’economia in recessione? La convinzione prevalente è che un livello di inflazione troppo elevato e per un periodo di tempo prolungato abbia effetti negativi maggiori sul benessere generale, piuttosto che un temporaneo periodo di riduzione della crescita economica e di incremento della disoccupazione. Le più recenti previsioni del Fondo Monetario Internazionale sembrano avvalorare questa ipotesi di rallentamento economico (si veda il grafico sotto)
Un’ultima notazione che riguarda chi volesse trarre da queste previsioni sull’andamento delle economie mondiali indicazione sulla gestione dei propri investimenti: i mercati finanziari già incorporano generalmente le informazioni disponibili sul futuro dell’economia. Ad esempio, quest’anno i mercati azionari hanno già subito una forte contrazione delle quotazioni pur in un anno di crescita economica sostenuta, in quanto stanno già guardando alle prospettive di rallentamento economico. Quando questo rallentamento sarà certificato dai dati delle principali istituzioni finanziarie, forse i mercati staranno già ripartiti guardando alle prospettive future. Ecco perché, per investire efficacemente, occorre guardare al futuro più che al presente, e tanto meno al passato!

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