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Negli ultimi mesi l’inflazione sta continuando a salire sia negli Stati Uniti, dove ha superato la soglia del 6%, che in Europa dove si è superato il 4%. Sono livelli che non si vedevano da molti anni e che fanno temere ad alcuni che si possa finire in una situazione simile a quella degli anni ’70, quando l’inflazione correva a doppia cifra e faceva molta paura. Quanto è azzardato il paragone e come dovrebbero comportarsi gli investitori in uno scenario come quello attuale?

 

Analogie e differenza nella crescita dei prezzi fra oggi e gli anni Settanta

Negli anni Settanta la crescita dei prezzi fu innescata prevalentemente da due forti shock petroliferi che determinarono un forte incremento dell’inflazione. Anche oggi la fiammata dei prezzi è dovuta prevalentemente ad un rialzo delle quotazioni delle materie prime e di molti prodotti intermedi che sta facendo salire i prezzi dei prodotti finali, ma per un motivo diverso legato prevalentemente all’inattesa diffusione della pandemia. Infatti, quando è scoppiata la pandemia molte aziende si sono domandate quanto sarebbe durata. Poiché nessuno sapeva quando sarebbe stato trovato il vaccino, i più si sono regolati sui tempi che si erano avuti nelle pandemie del passato. Fortunatamente ci è voluto meno di un anno perché si sono capitalizzati gli studi che avvenivano da decenni all’insaputa del grande pubblico. Le società produttrici, che per prudenza avevano sottostimato i tempi della ripresa, quando questa è giunta prima del previsto e con maggiore forza di quella immaginata, si sono ritrovate con scorte di materie prime e di componenti ampiamente insufficienti a soddisfare la domanda. Questa carenza sta spingendo inevitabilmente i prezzi verso l’alto. Secondo la maggior parte degli osservatori, tale squilibrio è destinato ad esaurirsi entro la fine del prossimo anno, ma non è scontato che ciò avvenga nei tempi previsti.

 

Soluzioni per gli investitori nello scenario attuale

Se cause parzialmente diverse stanno determinando lo stesso fenomeno di rialzo dei prezzi, per gli investitori attuali lo scenario è però radicalmente diverso da quello di mezzo secolo fa. Negli anni Settanta il livello dei tassi di interesse era a doppia cifra, mentre oggi ci troviamo in una situazione nella quale i tassi di interesse a breve termine sono negativi e quelli a lungo termine sono vicini all1% per l’Italia. Dunque, mentre allora bastava comprare un titolo di stato per difendere il potere d’acquisto della propria liquidità, oggi la stessa liquidità rischia di evaporare per effetto del surriscaldamento dei prezzi. È evidente, dunque, che strategie del genere non sono più applicabili ed occorre ripensare al modo di difendersi dall’inflazione. Investire è diventato inevitabilmente più complesso.

Purtroppo, molti investitori si stanno rendendo conto tardi della forza del cambiamento e della necessità di ripensare al proprio modo di investire. Ad esempio, solo ora stanno realizzando che gli ultimi mesi hanno rappresentato un’incredibile opportunità di investimento nel mercato azionario e soprattutto nei settori tecnologici che era ragionevole attendersi sarebbero stati favoriti dalla pandemia. Allo stesso modo, molti risparmiatori si renderanno conto in ritardo che il rassicurante valore della propria liquidità depositata sul conto corrente è stata erosa fortemente dall’inflazione di questi mesi e che in termini reali avranno perso le migliaia di euro che pensavano di difendere.

Il grafico sotto illustra le evidenti differenze di rendimento e di rischio, negli ultimi 5 anni, di un investimento in BTP, nelle borse mondiali e nei titoli tecnologici.

Cosa fare allora per difendersi dall’inflazione ed accrescere il proprio capitale nel tempo?

L’investitore post-Covid deve fare i conti con la realtà. Se ci si vuol difendere dall’inflazione, la ricetta non può che consistere nell’accrescere la quota di investimenti azionari. Infatti, poiché secondo la maggior parte degli economisti non rivedremo per molti anni il punto di minimo toccato dall’inflazione a metà del 2020, con gli attuali tassi è assai improbabile che gli investimenti “prudenti” possano garantire tale difesa. Ovviamente l’inerzia del rifugio nella liquidità non può che essere ancora più dannosa nel lungo periodo. Occorre però evitare anche il rischio contrario: non è pensabile recuperare il tempo perduto ed è sconsigliabile, a chi è rimasto alla finestra in questi mesi, cercare di farlo “imbottendo” il proprio portafoglio di titoli tecnologici e bitcoin. Se da un lato l’inerzia è da combattere, dall’altro occorre avvicinarsi al cambiamento nel proprio approccio agli investimenti in modo progressivo. Ad esempio, se i mercati azionari si sono rivelati nell’ultimo ventennio un incredibile mezzo di moltiplicazione della ricchezza, lo hanno fatto obbligando gli investitori a prolungati periodi di ribassi, talora molto rilevanti, e di ciò occorre avere piena consapevolezza per evitare che chi entra oggi a prezzi ben più alti di un anno fa possa poi vendere fra qualche mese a prezzi più bassi.

Il vero segreto consiste nell’avere dalla propria parte un alleato imbattibile: il tempo. In questa fase, per poter difendere i propri investimenti dall’erosione dell’inflazione è indispensabile allungare l’orizzonte temporale dei propri investimenti. Per questo motivo pianificare i propri progetti di spesa futuri è diventato fondamentale; occorre farlo anche se ciò comporta uno sforzo che molti non sono disposti a compiere e competenze che molti non possiedono. Quanto a questo secondo aspetto, occorre pretendere dal proprio consulente finanziario di essere aiutati in questa azione di programmazione finanziaria e diffidare da coloro che propongono soluzioni facili e redditizie senza aver fatto alcuno sforzo per conoscere approfonditamente il profilo personale, familiare e professionale, nonché gli obiettivi di vita che si intendono perseguire. Ovviamente, anche i risparmiatori, senza avere l’aspirazione di sostituirsi al proprio consulente finanziario, devono compiere uno sforzo nel far crescere le proprie competenze finanziarie. Infatti, come è stato recentemente scritto da un esperto di comportamenti finanziari come il prof. Paolo Ligrenzi, “Una volta la differenza era tra chi aveva e chi non aveva o, se vogliamo secondo un famoso libro, tra essere e avere. Oggi la differenza tra avere e non avere si è trasformata in chi studia e sa, e chi non studia e non sa. … E non solo nel campo degli investimenti”.