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Il recente forte incremento dei prezzi delle materie prime energetiche sta spingendo molti investitori a chiedersi se non sia il caso di incrementare la quota di investimenti nelle azioni delle società che operano in questi settori. Infatti, le maggiori società mondiali nei settori del gas e del petrolio hanno visto crescere rapidamente le loro quotazioni parallelamente alla crescita degli utili, conseguente a quella delle materie prime energetiche. Quali i rischi e le opportunità di investire in questi titoli nell’attuale scenario di mercato?

Il grafico sotto illustra, per sterilizzare l’effetto cambio, l’andamento dell’indice dei principali titoli europei da inizio anno (in blu), confrontandolo con quelli del settore energetico (in grigio) e con quelli del settore tecnologico (in rosso): a fronte di un decremento di circa il 30% di questi ultimi e di circa il 16% dei principali titoli europei, i titoli del settore energetico sono saliti di oltre il 35%.

Periodi di forte crescita degli utili di società che hanno una lunga storia e sono molto note anche agli investitori non professionali, come Royal Dutch, British Petroleum, Exxon Mobil, o Eni, solo per citarne alcune, tendono a favorire la diffusione di luoghi comuni secondo i quali “investire nel settore energetico è sempre l’investimento migliore”. In realtà, è sufficiente ampliare il confronto agli ultimi 10 anni per avere una fotografia del tutto diversa: in questo lungo periodo, nonostante la fortissima ripresa delle quotazioni dell’ultimo anno dei titoli del settore energetico, i loro prezzi sono rimasti di fatto invariati, a fronte di un incremento di oltre il 40% della media dei titoli europei e di quasi il 170% dei titoli tecnologici, pur dopo essere stati colpiti dai recenti forti ribassi (si veda il grafico sotto).

Investire in azioni del settore energetico può offrire certamente occasioni di guadagno, ma bisogna tener presente che non mancano i rischi. Il rischio principale nel breve termine è quello di acquistare a prezzi troppo elevati: se il perdurare dell’emergenza energetica potrebbe ancora sostenere le quotazioni, qualora lo scenario economico dovesse volgere verso la recessione le cose potrebbero andare in maniera del tutto diversa. Infatti, se una forte recessione dovesse colpire le principali economie mondiali, sarebbe probabile anche una contrazione dei consumi di energia, con un inevitabile impatto sugli utili e le quotazioni delle società del settore. Ma esistono anche dei rischi a lungo termine, legati ai processi di transizione verso le fonti rinnovabili. Infatti, da un lato le normative che hanno l’obiettivo di limitare l’inquinamento ed il riscaldamento globale stanno spingendo in maniera sempre più intensa verso la sostituzione delle fonti energetiche tradizionali, dall’altro lato produrre con fonti alternative e maggiormente ecologiche sta diventando economicamente sempre più conveniente. I due fattori, messi insieme, nel lungo termine potrebbero rappresentare il maggiore ostacolo alla floridezza economica delle aziende dei settori energetici tradizionali.

Dunque, chi volesse investire in questo settore è bene che lo faccia in maniera diversificata, acquistando un adeguato numero di titoli per non aggiungere alla rischiosità già insita nel settore quella tipica delle vicende di una singola azienda: un ETF o un fondo comune ben gestito potrebbero essere la soluzione più equilibrata per chi non detiene patrimoni di rilevanti dimensioni. Per tutti è bene ricordare che il modo migliore per perdere soldi è fare scelte di investimento sulla base degli accadimenti passati: le borse guardano al futuro dell’economia e mai al passato ed i prezzi tendono sempre ad incorporare già tutte le informazioni disponibili. A mero titolo di esempio, il momento migliore per investire nel settore energetico sarebbe stato pochi giorni dopo l’inizio dei lock down, quando tutti eravamo chiusi in casa senza nessuna prospettiva credibile a breve termine di una forte ripresa della produzione, dei commerci e dei viaggi. Se anche si ritenesse di essere in grado di fare meglio del mercato, è opportuno non abbandonare mai la strada maestra della diversificazione poiché è l’unica, per un portafoglio ben costruito, a fare la differenza nel lungo periodo.