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Una parte rilevante degli investimenti degli italiani è impiegata in titoli obbligazionari. Investire in obbligazioni vuol dire effettuare un prestito ad uno Stato (in questo caso si parla di titoli di Stato) o ad un’impresa privata, a fronte del quale si riceve un compenso sotto forma di interesse. Uno dei motivi per il quale la fetta più rilevante degli investimenti degli italiani è rappresentata da titoli di Stato e obbligazioni private è legato alla nostra storica prudenza nell’impiego dei capitali. Il recente forte ribasso delle quotazioni dei titoli obbligazionari sta lasciando nello sconforto molti investitori che si domandano come è possibile che i propri titoli considerati “tranquilli” possano perdere tanto valore in pochi mesi. A cosa è attribuibile la discesa dei prezzi e cosa possono attendersi gli investitori nei prossimi anni in tale contesto di mercato?

 

Cosa è accaduto ai mercati obbligazionari nell’ultimo anno?

Il grafico sotto illustra l’andamento medio dei titoli di Stato europei nell’ultimo anno. Come si può notare, la perdita di valore è stata superiore al 18 %!

Si tratta di un ribasso di dimensioni storicamente enormi e mai sperimentate in Europa dal secondo dopoguerra. Per comprenderne l’eccezionalità si può osservare il grafico successivo che illustra solo le fasi di ribasso delle quotazioni (in gergo finanziario drawdown) degli ultimi 15 anni che, come è noto, sono stati anni caratterizzati da momenti molto difficili, inclusa la crisi del sistema finanziario del 2008/2009 e degli anni successivi. Nel periodo considerato, i ribassi non hanno mai superato il 5%-6% (valori considerati comunque elevati per i titoli di Stato) che però sembrano assumere irrilevanza rispetto al recente -21%!

 

A cosa sono dovuti i ribassi delle quotazioni?

Il motivo principale è legato ai recenti, forti rialzi dei tassi a cui si è assisto da inizio anno, collegati principalmente al rapido rialzo dell’inflazione. In realtà, da anni gli investitori in titoli di Stato lamentavano rendimenti troppo bassi che costringevano a mantenere i propri investimenti fermi in liquidità o investiti nel più “rischioso” mercato azionario: perché una notizia bella come il rialzo dei rendimenti può avere conseguenze così negative nel breve termine? Qual è l’impatto di tale rialzo nel lungo periodo sui rendimenti complessivi? Cerchiamo di rispondere ad entrambe le domande nel modo più semplice, ma rigoroso possibile.

Una delle determinanti principali delle variazioni dei prezzi delle obbligazioni è rappresentata dai tassi di interesse. Infatti, quando i tassi di interesse aumentano, diminuiscono i prezzi delle obbligazioni emesse in precedenza con tassi più bassi; ciò avviene per compensare l’eventuale acquirente del minor rendimento cedolare rispetto alle obbligazioni di nuova emissione. Al contrario, se i tassi scendono, crescono i prezzi delle obbligazioni emesse in precedenza in quanto esse diventano più appetibili per gli acquirenti rispetto alle obbligazioni di nuova emissione a tassi più bassi.

Quali i vantaggi dell’aumento dei tassi nel medio-lungo periodo?

Se è evidente che un incremento dei tassi aumenta la convenienza ad investire da parte di coloro che detengono liquidità da impiegare, non lo è altrettanto per coloro che già detengono obbligazioni in portafoglio. In realtà, anche per questi ultimi un rialzo dei tassi, sebbene sia negativo nel breve termine a causa del calo dei prezzi, determina un incremento dei rendimenti complessivi nel medio-lungo periodo. Ciò è dovuto al fatto che gli investitori possono reinvestire le cedole che maturano e i titoli che vengono a scadenza in titoli a maggior rendimento con un impatto complessivo positivo. Il grafico che segue illustra proprio tale scenario. In esso si ipotizza di avere un portafoglio di 50.000 euro investito in 5 obbligazioni da 10.000 euro ciascuna con scadenze a 1 a 5 anni al tasso medio iniziale del 2,5%:

  • la linea blu descrive la crescita del capitale investito nell’ipotesi di tassi costanti;
  • la linea rossa descrive la crescita del capitale investito nel caso si abbia ad inizio investimento un repentino rialzo dei tassi del 2%.

Come si può osservare, nell’ipotesi di tassi in rialzo, la perdita inizialmente subita dal portafoglio viene più che compensata nel tempo per effetto del reinvestimento di cedole e titoli in scadenza a tassi più elevati, determinando un maggiore rendimento complessivo in caso di scenario di mercato con tassi in aumento.

Le conclusioni di questa analisi sono che nel medio-lungo termine gli investitori in obbligazioni non hanno nulla da temere dal rialzo dei tassi, che anzi contribuiscono a rendere più redditizio il portafoglio iniziale. A fronte di questa prospettiva, sono costretti ad allungare i loro orizzonti temporali poiché un disinvestimento nel breve termine comporta solo la realizzazione delle perdite senza cogliere i benefici futuri.

 

E se invece si aspettasse?

E se invece un investitore in uno scenario di incremento dei tassi preferisse aspettare che essi aumentino prima di acquistare obbligazioni? È certamente una scelta praticabile, ma non necessariamente la più conveniente. Infatti, l’esperienza storica dimostra che di fatto è impossibile individuare il momento in cui i rendimenti raggiungeranno il livello più elevato. Inoltre, attendere in liquidità comporta una perdita certa in termini di rendimento che ad oggi è pari a circa il 2,5% per un titolo a 12 mesi: il rischio è di rinunciare ad un rendimento certo ed acquistare i propri titoli obbligazionari troppo tardi, quando il loro prezzo è già risalito. Una soluzione di compromesso potrebbe essere quella di acquistare con periodicità mensile oppure quella di destinare una parte del portafoglio a titoli a breve termine, con scadenze distribuite nel tempo, in modo da poter progressivamente impiegare la liquidità a tassi più elevati se si ritiene che questo sia lo scenario più probabile. Come spesso accade, sono le scelte più equilibrate che consentono di conseguire il miglior rapporto fra rischio e rendimento, mentre l’idea di cogliere le occasioni di “una vita” o la convinzione di riuscire ad essere più “scaltri” del mercato mette a rischio il perseguimento anche dei risultati di lungo temine.