In questi giorni gli investitori di tutto il mondo si stanno domandando quale impatto potrà avere su economia e mercati finanziari la guerra scoppiata in Israele. I primi report iniziano ad essere pubblicati. Cosa ci raccontano le prime analisi della situazione? Ma soprattutto come è opportuno che si comportino i risparmiatori? Se ogni conflitto ha le sue peculiarità, vi sono anche delle regolarità storiche che possono aiutarci ad immaginare il futuro. Partiamo dalle peculiarità per giungere alle regolarità storiche.
Quale potrebbe essere l’impatto del conflitto su economia e mercati finanziari?
Difficile rispondere con precisione in questa fase a domande sull’impatto economico di una guerra come quella appena iniziata. Molti esperti ritengono inevitabili effetti negativi sulla crescita economica mondiale, ma questi non saranno necessariamente elevati: molto dipenderà dal livello di estensione del conflitto. Se la questione israelo-palestinese non si risolverà di certo nei prossimi giorni e nemmeno nei prossimi mesi, sarà la durata, la dimensione e l’eventuale coinvolgimento di altri stati a determinare l’effettivo impatto della guerra. L’evento più temuto dai mercati è il coinvolgimento diretto dell’Iran a fianco dei palestinesi. L’Iran non solo è un importante fornitore di petrolio, ma controlla anche lo stretto di Hormuz, porta di passaggio dell’oro nero proveniente dal Golfo Persico. In questo caso l’avversione al rischio potrebbe avere importanti ripercussioni sui mercati finanziari che finirebbero per temere un impatto importante sul livello di approvvigionamento e sui prezzi del petrolio. Secondo un recente report di S&P Global Rating, il conflitto tra Israele ed Hamas esaspera il grado di rischio geopolitico già spinto in alto dalla guerra in Ucraina e dalla tensione Usa-Cina e contribuisce all’incremento delle già elevate pressioni inflazionistiche. Infatti, un rialzo consistente del petrolio potrebbe avere conseguenze rilevanti sui livelli di inflazione e rischierebbe di mantenere ancora a lungo elevati, o fare ulteriormente crescere, i livelli dei tassi ufficiali fissati dalle Banche Centrali. Fortunatamente, la maggior parte degli osservatori ritiene improbabile l’intervento diretto dell’Iran nel conflitto. Per questo motivo sui mercati finanziari si è assistito ad un forte incremento delle volatilità più che ad un crollo generalizzato delle quotazioni. I mercati azionari hanno sofferto, ma i movimenti principali sembrano osservarsi soprattutto sui titoli di Stato che hanno visto crescere ulteriormente i rendimenti, con quelli statunitensi che durante le quotazioni hanno anche superato abbondantemente il 5%. L’oro si è invece rafforzato nella sua veste di bene rifugio. In questa situazione di profonda incertezza, gli investitori si domandano cosa sia opportuno fare.
Cosa è successo in passato con venti di guerra?
L’analisi delle serie storiche ci insegna che le guerre hanno un impatto sui mercati azionari soprattutto di breve periodo e in particolare nei primi mesi, ma nel lungo termine non sembrano avere un’incidenza rilevante sulle quotazioni. Ad esempio, al termine delle grandi guerre del passato il Dow Jones, storico indice della borsa americana, non ha mai realizzato performance negative rispetto alla data di scoppio delle stesse, come si può osservare nell’istogramma che segue.
Al contrario, nel breve termine l’oro ed il dollaro tendono a rivalutarsi perché considerati beni rifugio. Per lo più neutrale sembra essere l’andamento delle obbligazioni governative che da un lato beneficiano della richiesta di sicurezza tipica dei periodi di incertezza e dall’altro subiscono le tensioni legate alle prospettive di rialzo di inflazione e tassi di interesse che spesso accompagnano l’esplodere dei conflitti.
Quali scelte finanziarie è opportuno fare?
Al di là di considerazioni di breve termine, occorre effettuare scelte di portafoglio che siano coerenti con le uniche due certezze che si hanno sui mercati finanziari e sul comportamento degli investitori:
- tutte le attività finanziarie tendono a crescere nel lungo periodo, con quelle azionarie che performano meglio di quelle obbligazionarie a fronte di maggiore volatilità nel breve termine, a condizione di avere un portafoglio adeguatamente diversificato;
- i momenti di crisi dei mercati rappresentano spesso interessanti opportunità di ingresso più che occasioni per scappare da essi e consentono agli investitori di migliorare le performance di lungo termine.
Il grafico che segue illustra in maniera chiara quanto appena affermato confrontando l’andamento dell’indice delle borse mondiali con quello dei titoli di Stato dell’area euro dal 2005 ad oggi.
Anche questa volta è probabile che andrà nello stesso modo, ma non vi è alcuna certezza che sarà davvero così. Dunque, è opportuno che ogni investitore: faccia innanzitutto chiarezza sui propri obiettivi, eviti di investire in attività soggette a forti oscillazioni la quota di denaro che gli potrebbe servire nel breve termine, approfitti con prudenza delle occasioni offerte dai momenti di crisi, magari frazionando l’ingresso sui mercati con un piano di accumulo per conciliare ricerca di rendimento e riduzioni dei rischi. D’altronde, nei mercati finanziari come nella vita, l’equilibrio ed il buon senso evitano quasi sempre brutte sorprese e sono un supporto essenziale per raggiungere gli scopi che ci si è prefissi.

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