Si è recentemente parlato della possibilità da parte dello Stato di fare ricorso ad un’imposta patrimoniale per far fronte alle esigenze di finanziamento della spesa pubblica, in quanto la recente crisi economica innescata dalla pandemia ha gravemente peggiorato la situazione già critica delle finanze pubbliche. Bisogna temere l’introduzione di una simile imposta? La sua introduzione è ormai prossima?
Per poter rispondere a queste domande, occorre innanzitutto fare chiarezza sulle tipologie di imposte attraverso le quali uno Stato può raccogliere le risorse per finanziare la spesa pubblica. Volendo semplificare, possiamo individuare le seguenti tre principali tipologie:
1. le imposte dirette che colpiscono direttamente il reddito prodotto da individui ed imprese e ammontano ad una percentuale di tali redditi (la più nota imposta di questo tipo è l’IRPEF);
2. le imposte indirette che colpiscono indirettamente i redditi prodotti ogni volta che effettuiamo acquisti di bene e servizi (la più nota di queste imposte è l’IVA);
3. le imposte patrimoniali che colpiscono il patrimonio, sia mobiliare che immobiliare come il danaro, le case, le azioni, le obbligazioni, i valori preziosi.
Le imposte dirette appaiono le più semplici e comprensibili: a fronte di un reddito prodotto, una percentuale di questo viene versato allo Stato sotto forma di imposte. Le altre due categorie appaiono una duplicazione di tassazione. Nel caso delle imposte indirette (ad esempio l’IVA) vengono tassate le spese effettuate con redditi già sottoposti a tassazione; nel caso delle imposte patrimoniali vengono sottoposti a tassazione beni acquistati risparmiando una parte del reddito, anch’esso già assoggettato a tassazione.
Al di là dei motivi che inducono a tassare i contribuenti con diverse tipologie di imposte, quelle patrimoniali sono certamente le meno gradite dai contribuenti, così come è evidente dal clamore e dalla preoccupazione suscitati dalla recente proposta di introdurre una nuova imposta patrimoniale con la legge finanziaria in discussione in Parlamento. Il motivo è probabilmente legato al fatto che mentre le imposte indirette, come l’Iva ad esempio, sono già inglobate nel prezzo dei beni e servizi acquistati, le imposte patrimoniali richiedono un esborso di denaro su beni già di proprietà e spesso di valore elevato. In Italia, il crescente utilizzo delle imposte sul patrimonio è legato a due circostanze: 1. la necessità di aumentare le entrate statali per finanziare la crescente spesa pubblica; 2. l’elevato livello di evasione fiscale. Relativamente a quest’ultimo aspetto, il ragionamento è pressappoco il seguente: visto che non riesco a tassare i redditi effettivamente prodotti, almeno tasso i beni che i contribuenti sono riusciti ad accumulare, anche grazie alle imposte evase. I contribuenti, in modo particolare quei cittadini che non hanno evaso le imposte sui redditi, considerano profondamente ingiuste tali imposte.
Fatte queste essenziali premesse, occorre capire quanto possa essere probabile l’introduzione di una imposta patrimoniale in Italia. In realtà, sebbene tutti ricordino l’imposta patrimoniale approvata dal governo Amato nel lontano 1992, è bene ricordare che in Italia attualmente già esistono delle imposte patrimoniali. La più nota è l’IMU, che colpisce annualmente il patrimonio immobiliare (con l’eccezione da qualche anno delle prime case non di lusso). Esistono anche il bollo auto, l’imposta di bollo sui conti correnti e sul patrimonio finanziario ed assicurativo, le imposte di registro e catastali, le imposte di donazione e successione. Dunque, tutti quelli che temono l’introduzione di un’imposta patrimoniale è bene che sappiano che questa esiste già, anzi ne esistono più di una! Ma è in arrivo una nuova imposta? Ordinaria o straordinaria? E quali beni potrebbe colpire?
In realtà, gli oltre 200 miliardi in arrivo dall’Europa con il Recovery Fund, rendono improbabile che a breve, tranne imprevedibili e straordinarie esigenze di cassa, possa essere approvata una nuova impopolare imposta patrimoniale. In un momento nel quale gli italiani sono già gravemente colpiti dalla crisi economica, colpire ulteriormente i loro patrimoni sarebbe politicamente poco ragionevole.
Se a breve l’introduzione di tale imposta patrimoniale possa ritenersi improbabile (ma non impossibile!), nel medio termine le cose potrebbero essere ben diverse. Sebbene parte dei fondi europei siano a fondo perduto (quindi non andranno mai restituiti), un’altra parte rappresentano prestiti che andranno ad incrementare il debito pubblico italiano, che già oggi è a livelli molto elevati e secondo alcuni prossimo all’insostenibilità. La necessità di restituzione di tali prestiti potrebbe indurre lo Stato ad introdurre nuove imposte patrimoniali o ad incrementare quelle esistenti nei prossimi anni.
Quali sono i patrimoni più probabilmente candidati ad essere colpiti da una “nuova” patrimoniale. Nel caso di necessità urgenti e temporanee, secondo molti la candidata ideale a subire una patrimoniale straordinaria è l’enorme liquidità che giace sui conti correnti degli italiani (ad oggi oltre 1.700 miliardi di euro). Tale liquidità negli ultimi anni si è costantemente incrementata per effetto dell’incertezza indotta dalla crisi ed a causa della progressiva riduzione dei tassi di interesse. La liquidità presente sui conti correnti, oltre ad essere tanta, ha infatti il principale vantaggio di essere liquida e quindi direttamente prelevabile ed utilizzabile in caso di necessità ed urgenza.
Per quanto riguarda, invece, esigenze più strutturali di finanziamento della spesa pubblica, potrebbero essere intraprese altre strade. Un prima strada potrebbe essere quella dell’incremento dei valori degli immobili sui quali viene calcolata l’IMU, sfruttando la già prevista riforma delle rendite catastali. Ma secondo molti la vera miniera d’oro della tassazione patrimoniale prende il nome di revisione delle imposte di donazione e successione. Il motivo è presto spiegato. L’Italia non solo si caratterizza per avere un’imposta di successione a livelli notevolmente più bassi che negli altri Paesi europei, ma si caratterizza anche per: 1. un livello di risparmio e di patrimonio privato notevolmente più alto che altrove; 2. una popolazione sempre più anziana. Sfruttare tale combinazione di elementi sarebbe pertanto semplice e molto fruttifero, consentendo di abbattere il debito pubblico sfruttando una parte del patrimonio privato accantonato negli anni dagli italiani. In parole più semplici ed allo stesso tempo più crude: ogni volta che un cittadino benestante muore, tassando una parte del suo patrimonio privato si ha idealmente la possibilità di abbattere una quota equivalente del debito pubblico esistente.
Dunque, i risparmiatori più attenti, dovrebbero fin da subito iniziare a pensare di:
1. limitare le giacenze sui conti correnti alle effettive esigenze di spesa a breve termine o per far fronte a possibili imprevisti
2. incominciare a valutare strategie di pianificazione patrimoniale e successoria in grado di limitare gli impatti di possibili futuri incrementi delle imposte di successione.
In quest’ultimo caso, si tratta di temi delicati che spesso, anche per scaramanzia, si decide di rimandare, ma che è bene fin da subito mettere in animo di affrontare. Questo argomento richiede però un approfondimento a parte e, se sarà possibile, dedicherò ad esso uno specifico articolo nel prossimo anno che sta per iniziare.

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