Negli ultimi mesi non si fa che parlare sempre più frequentemente del gas: da risorsa produttiva a costi contenuti e con moderato impatto ambientale, il gas sembra essere diventato uno dei problemi principali per i cittadini di tutta Europa. I problemi in verità sono due, uno immediato e l’altro che potrebbe esplodere nei prossimi mesi: il prezzo sempre più elevato e la possibile futura penuria del gas, qualora la Russia dovesse interrompere le proprie forniture all’Europa. Riuscirebbe l’Italia a fare a meno del gas russo? Un tetto al suo prezzo potrebbe essere efficace? Quali le eventuali controindicazioni e perché alcuni Paesi vi si oppongono?
L’Italia può fare a meno del gas russo?
L’Italia utilizza circa 75 miliardi di metri cubi di gas all’anno. Attualmente circa il 20% del gas consumato, ovvero 15 miliardi di metri cubi, proviene dalla Russa: si tratta di una percentuale pari quasi alla metà di quella importata lo scorso anno, ma pur sempre molto elevata. Infatti, sebbene il nostro Governo abbia stretto accordi con altri fornitori alternativi, non riusciremo a sostituire tutto il gas proveniente dalla Russia prima del 2024. Per far fronte ad un’eventuale interruzione delle forniture di gas ordinate da Putin, l’Italia sta anche provvedendo da mesi ad incrementare le riserve strategiche, attualmente pari a circa l’80% della loro capienza massima, con l’obiettivo di raggiungere il 90% nei prossimi mesi. Se la Russia dovesse interrompere le forniture a breve, l’ammontare delle riserve da utilizzare per sopperire a tale situazione potrebbe oscillare fra i 10 e gli 11 miliardi: dunque all’appello marcherebbero fra i 4 e i 5 miliardi di metri cubi. Quindi, nel caso di interruzione delle forniture russe saremmo costretti a razionare i consumi: ma a spese di chi? I cittadini o le imprese? Fare a meno nel gas russo è possibile, ma non è molto facile e certamente potrebbe avere conseguenze economiche negative sul nostro Paese.
Come si determina il prezzo del gas e perché è salito tanto?
Il secondo e il più impellente problema è quello del prezzo del gas che negli ultimi mesi, pur considerando i ribassi di questi giorni, è cresciuto in maniera rapida e consistente. Il grafico che segue illustra proprio l’andamento del prezzo di questa ormai preziosissima fonte energetica che è passata da prezzi compresi tra i 20 ed i 30 euro a megawattora a prezzi pari a 10 volte quel valore!
Come si forma il prezzo del gas e perché è salito tanto? Il problema è prevalentemente europeo in quanto l’Europa ha una forte dipendenza energetica dal resto del mondo. Il prezzo del gas all’ingrosso in Europa si “forma” prevalentemente sulla piazza di Amsterdam: il TTF (Title Transferr Facility) è un mercato virtuale all’ingrosso dove vengono scambiati i cosiddetti future, ovvero titoli che danno diritto a comprare gas ad una certa scadenza. Il prezzo di questi diritti varia quotidianamente e nel corso della stessa giornata con il procedere degli scambi: quanto maggiore è la richiesta in rapporto all’offerta disponibile, tanto più il prezzo sarà elevato e quanto minore è la domanda in rapporto all’offerta, tanto più il prezzo tenderà a scendere. Ovviamente le quotazioni tengono in considerazione le prospettive del mercato con orizzonte pari al tempo di consegna stabilito, ovvero guardano al futuro sebbene risentano delle informazioni disponibili al momento delle contrattazioni. Perché il prezzo è salito così tanto? In prima battuta a causa della grande richiesta di energia determinata dalla forte ripresa economica post crisi da Covid e successivamente a causa dello scoppio della guerra in Ucraina e delle conseguenti tensioni con la Russa, primo fornitore europeo. La possibile futura interruzione delle forniture potrebbe ulteriormente incrementare le tensioni sui prezzi venendo meno una parte cospicua dell’offerta. Infine, un ruolo non marginale sembra averlo avuto anche la speculazione finanziaria: i future sono titoli che danno diritto di scambiare gas a termine e possono facilmente essere acquistati non da chi intende utilizzare quel gas, ma da chi intende rivenderlo nuovamente a prezzi più alti prima del termine di consegna stabilito.
Come potrebbe funzionare il tetto al prezzo del gas?
Per arginare il prezzo del gas c’è un crescente consenso intorno alla proposta di imporre un tetto al suo prezzo a livello europeo. Ciò vorrebbe dire che tutti i Paesi europei dovrebbero impegnarsi a non acquistare gas ad un prezzo superiore ad un determinato livello (price cap). Un’ipotesi allo studio prevede di individuare un meccanismo per fissare un prezzo al di sopra del quale gli operatori europei non possono acquistare nelle piattaforme di negoziazione del gas. La soglia massima su cui si sta ragionando sarebbe compresa fra gli 80 ed i 100 euro a megawattora. Ma se pagare meno il gas è certamente vantaggioso per chi lo acquista, perché vi sono Paesi che non supportano il price cap e perché si sta discutendo di questa misura da così tanto tempo senza passare all’azione? Innanzitutto, è bene ricordare che un provvedimento del genere è più efficace se tutta l’Europa si muove in modo compatto, in quanto i fornitori dovrebbero fronteggiare un acquirente unico per circa 600 miliardi di metri cubi all’anno che ha maggiore forza contrattuale dei singoli Stati. Ma anche muovendosi in modo compatto, vi sono delle controindicazioni: un limite di prezzo ritenuto troppo basso dai fornitori potrebbe indurli a non vendere o a farlo ad altri acquirenti, peggiorando la penuria di gas che si prospetta in caso di interruzione delle forniture russe; la stessa Russia potrebbe essere indotta a farlo più rapidamente del previsto. In sostanza, molti Paesi europei temono di rimanere a secco, in testa la Germania, compromettendo irreparabilmente la loro capacità produttiva. La strada verso l’applicazione di questo tetto si sta facendo più agevole ora che alcuni degli stati più dipendenti dalle forniture russe, tra cui appunto la Germania, sono riusciti ad accantonare maggiori scorte strategiche e a diversificare parzialmente i fornitori ed al fatto che i prezzi sembrano arrivati a valori davvero insostenibili per cittadini ed imprese.
Conclusioni
Lo scenario è tutt’altro che semplice. Il tetto al prezzo del gas potrebbe limitarne l’offerta ed i fornitori potrebbero richiedere agli stati europei compensazioni in termini di sovvenzioni pubbliche, con aggravi a carico degli stessi stati europei. Alcuni di essi potrebbero preferire la strada di sovvenzionare direttamente i propri cittadini, evitando di condizionare artificiosamente i prezzi di mercato. In realtà, le esigenze dei vari stati europei sono molto eterogenee poiché essi hanno differenti configurazioni dei sistemi produttivi e degli approvvigionamenti energetici: per questo è così difficile mettere d’accordo tutti. Si potrebbe cominciare limitando gli acquisti e le vendite a fini speculativi, consentendo l’accesso al mercato solo ad acquirenti con finalità produttive, ma anche questo non è banalmente facile da attuare. Saranno le pressioni di cittadini ed imprese ad imprimere una spinta decisiva, ma è indispensabile che anche i nostri governanti attuino scelte lungimiranti ed economicamente sostenibili con una prospettiva veramente europeista che metta in primo piano il benessere dell’Europa insieme a quella dei singoli stati membri … e che i loro elettori sappiano comprenderle!

Consulente Finanziario a Napoli. Ti aiuto a fare le scelte finanziarie più efficaci in base ai tuoi progetti di vita.