Uno ad uno. A distanza di vent’anni quasi esatti, un euro vale un dollaro: era dal 15 luglio 2002 che non si vedeva la parità fra le due valute. Perché il dollaro si è apprezzato così tanto rispetto all’euro negli ultimi mesi? È un bene o un male e cosa comporta ciò per i cittadini e per gli investitori europei? Come è opportuno gestire al meglio i propri investimenti in uno scenario valutario di questo tipo?
Cos’è il tasso di cambio e quali fattori lo influenzano?
Innanzitutto, è bene chiarire cosa si intenda per tasso di cambio. Quest’ultimo è il tasso al quale è possibile scambiare una moneta con un’altra, ovvero il prezzo di una moneta in termini di un’altra moneta. Tale tasso è espresso come rapporto fra il valore delle due monete. Ad esempio, qualora in un dato momento il cambio euro/dollaro statunitense fosse pari a 1,1 vorrebbe dire che per ogni euro si ricevono 1,1 dollari. Dunque, se il tasso di cambio euro/dollaro passasse da 1,1 ad 1,2 vorrebbe dire che l’euro si sta apprezzando, mentre se passasse da 1,1 ad 1 vorrebbe dire che si sta deprezzando.
I tassi di cambio fra due valute sono soggetti a continue variazioni e sono influenzati da numerosi fattori, tutti in qualche modo riconducibili alla legge della domanda e dell’offerta: se una moneta si rivaluta rispetto ad un’altra vuol dire che essa è maggiormente richiesta rispetto all’altra ed il contrario quando si svaluta. I principali fattori che influenzano la domanda e l’offerta delle valute sono riassumibili nei seguenti punti:
- la politica monetaria delle banche centrali: se una banca centrale alza i tassi di interesse tende a favorire il rafforzamento della propria valuta, in quanto gli investimenti in depositi ed in titoli espressi in quella valuta diventano più convenienti e ciò incrementa la domanda di quella stessa valuta;
- il livello del tasso di crescita economica di un Paese: una crescita economica più sostenuta tende ad attirare investimenti esteri e conseguentemente a rafforzare la domanda di valuta di quello stesso Paese, favorendo la sua rivalutazione;
- Il saldo della bilancia corrente con l’estero: se il livello delle esportazioni supera quello delle importazioni la valuta tende, a parità di altre condizioni, a rafforzarsi, mentre tende ad indebolirsi nel caso in cui sono le importazioni a superare le esportazioni.
Detto questo, è opportuno ricordare che nel breve termine elementi speculativi possono prevalere sui cosiddetti fattori fondamentali e che, come spesso accade in economia e sui mercati finanziari, nei flussi di domanda ed offerta di moneta quello che conta non sono solo i livelli delle variabili, ma anche le variazioni attese di questi livelli. Dunque, ad esempio, un rallentamento inatteso di un certo Paese potrebbe determinare una svalutazione della sua moneta anche quando il suo tasso di crescita resta molto più elevato di altri.
Perché il dollaro si è apprezzato in maniera consistente nell’ultimo periodo?
Sulla base dei fattori illustrati innanzi, è a questo punto più facile comprendere i motivi per i quali il dollaro si è fortemente apprezzato negli ultimi mesi. Le ragioni sottostanti la svalutazione della moneta unica rispetto al dollaro sono essenzialmente due: la politica monetaria della Banca Centrale Americana (la Fed) e il forte rallentamento economico che potrebbe subire l’area euro per effetto della crisi bellica. Per quanto riguarda il primo punto, la Fed ha già da qualche mese iniziato un processo di rapido rialzo dei tassi per contrastare la forte crescita dei prezzi in un’economia americana che si sta surriscaldando, mentre in Europa tale processo sta per partire solo ora e sarà molto più graduale. Per quanto riguarda il secondo punto, la guerra in Ucraina sta avendo ed avrà ripercussioni negative sull’Europa maggiori che sugli Stati Uniti e l’eventuale aggravarsi della crisi energetica rischia di spingere l’Europa in recessione. I due fattori stanno congiuntamente facendo crescere la domanda di dollari, peraltro ulteriormente amplificata dalla crescente incertezza economica che porta gli investitori a puntare sulla valuta americana come bene rifugio. Il grafico sotto mostra l’andamento del cambio euro-dollaro negli ultimi 10 anni.
Quali conseguenze ha la rivalutazione del dollaro sull’economia e per gli investitori?
I tassi di cambio hanno importanti implicazioni sia per la stabilità dei prezzi che per la crescita economica. Quando l’euro si deprezza rispetto dollaro, ovvero quando è possibile ottenere meno dollari per 1 euro, i beni provenienti dagli Stati Uniti e più in generale tutti quelli negoziati in dollari diventano più costosi, mentre quelli europei diventano più competitivi quando sono venduti negli Stati Uniti. Dunque, se da un lato tale indebolimento dell’euro dovrebbe favorire le nostre esportazioni, dall’altro lato ciò influirà in maniera negativa sul livello dei prezzi dei beni importati, ed anche di quelli energetici che frequentemente sono negoziati in dollari, contribuendo ulteriormente al surriscaldamento dell’inflazione.
Per gli investitori europei un rafforzamento del dollaro rispetto all’euro non è una cattiva notizia poiché comporta una rivalutazione di tutte le attività espresse in dollari detenute nel proprio portafoglio. Ad esempio, se un investitore detiene azioni Apple, o più in generale azioni americane, riceve un beneficio immediato in quanto la rivalutazione del dollaro determina aumento del loro valore espresso in euro. In prospettiva, però, tale rivalutazione potrebbe avere un effetto negativo per tutte quelle aziende che esportano una parte consistente del proprio fatturato in Europa, poiché la rivalutazione della valuta locale rende meno competitivi i prezzi dei beni venduti all’estero.
Quali le prospettive future del cambio euro/dollaro e come gestire al meglio il proprio portafoglio titoli?
La maggior parte degli analisti tende a ritenere che nel breve termine il dollaro possa rimane forte e che possa anche ulteriormente rivalutarsi rispetto all’euro per il permanere dei fattori che lo hanno recentemente fatto apprezzare. Al contrario, più incerte sono le prospettive di medio-lungo periodo: non sono pochi coloro che ritengono che gran parte del processo di apprezzamento del dollaro sia terminato e che, una volta affievolite le tensioni geo-politiche, l’euro possa tornare a rivalutarsi.
Più in generale, avere una quota dei propri investimenti espressi in valute estere, aumenta i livelli di diversificazione del proprio portafoglio ed ottimizza le performance di medio-lungo termine. La quota espressa in valute estere dovrebbe vedere una prevalenza di dollari, non solo per il fatto che il dollaro statunitense è la valuta più scambiata e quella della principale economia del pianeta, ma anche per il fatto che solitamente nei periodi di forte crisi o instabilità mondiale il dollaro tende ad essere visto come valuta rifugio ed il suo valore spesso di apprezza. Occorre però avvertire che gli investitori più prudenti dovrebbero limitare la diversificazione valutaria entro percentuali contenute del loro portafoglio (orientativamente al massimo entro il 20-30% del totale), poiché i tassi di cambio tendono ad oscillare quotidianamente in maniera intensa, determinando un incremento della volatilità del portafoglio. Inoltre, i cicli di mercato delle valute sono spesso lunghi e pluriennali e gli investitori con orizzonti di breve termine potrebbero essere notevolmente penalizzati da un’eventuale rivalutazione della propria valuta, come accadrebbe se da questo momento il dollaro, anziché continuare a rivalutarsi, cominciasse a svalutarsi per i prossimi anni. Come al solito l’equilibrio e la moderazione devono essere al centro delle proprie scelte finanziarie, perché si possa affermare, come dice Hilaire Belloc, “sono stanco dell’amore, sono stanco delle rime, ma la moneta mi dà piaceri senza spine”.

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