Nelle ultime settimane si sente sempre più frequentemente parlare di rialzo dei tassi di interesse da parte delle banche centrali di tutto il mondo: la Banca Centrale Americana (la FED) e quella inglese hanno già iniziato a farlo, mentre la Banca Centrale Europea (la BCE) ha annunciato questa settimana che anche lei inizierà a breve ad intraprendere un percorso di rialzo dei tassi di interesse. Perché le banche centrali di tutto il mondo si stanno affrettando ad alzare i tassi di interesse e probabilmente lo faranno con una rapidità non consueta? Quali le prospettive per l’economia mondiale e come gestire al meglio i propri investimenti?
Perché le banche centrali stanno alzando i tassi?
Il motivo del rapido rialzo atteso dei tassi di interesse ha un nome ben preciso: inflazione. Il livello generale dei prezzi è rapidamente salito in tutto il mondo arrivando a fine maggio 2022 all’8,6% negli Stati Uniti, al 9% in Gran Bretagna, al 6,9% in Italia ed al 7,9% in Germania. Si tratta di valori mai raggiunti negli ultimi 40 anni. Nel corso del 2021, nella prima fase di risalita dei prezzi, le banche centrali hanno mantenuto un atteggiamento attendista nella convinzione che l’inflazione fosse temporanea e dovuta essenzialmente alla forte ripresa della domanda di beni e servizi che ha seguito la rapida recessione dovuta al Covid ed alla temporanea incapacità delle imprese di soddisfare tale domanda; una volta superato questo temporaneo squilibrio, i prezzi si sarebbero dovuti “raffreddare”. La guerra in Ucraina ha definitivamente compromesso questo scenario, mantenendo alti, ed in molti casi incrementando, i prezzi delle materie prime energetiche e aggiungendo tensioni anche sui prezzi di alcune importanti materie prime agricole. Le prospettive di inflazione si sono rafforzate anche nel medio periodo, nella convinzione che assisteremo ad un processo di de-globalizzazione dovuto alla maggiore consapevolezza delle conseguenze economiche negative di una limitazione, anche solo temporanea, del commercio internazionale a causa di una pandemia o un conflitto bellico.
Quale impatto ha un rialzo dei tassi sull’inflazione e sulla crescita economica?
Poiché gli studi economici degli ultimi decenni hanno sottolineato l’importanza delle aspettative nelle scelte economiche di individui ed imprese, le banche centrali sono passate rapidamente all’azione per evitare che un livello dei prezzi troppo alto, per un periodo troppo lungo, finisca per alzare stabilmente le aspettative di inflazione di medio-lungo periodo. Per fare ciò, le banche centrali hanno a loro disposizione quella che viene chiamata politica monetaria, la cui leva principale è costituita dalla modifica dei tassi ufficiali. Tassi di interesse più elevati esercitano una pressione al ribasso sui consumi e sugli investimenti. Infatti:
- coloro che hanno a disposizione capitali liquidi hanno un minore incentivo a spenderli se questi vengono remunerati maggiormente in futuro;
- gli individui che devono finanziarsi per acquistare un’auto, un’abitazione o altro sono disincentivati a farlo dal costo del finanziamento più elevato;
- la riduzione del valore degli strumenti finanziari e quella degli immobili impattano sulla ricchezza delle famiglie tendendo a contrarre i consumi;
- le imprese sono spinte a limitare gli investimenti a fronte di un costo dei finanziamenti più elevato.
Dunque, alzare il livello dei tassi di interesse aiuta a contenere l’inflazione, ma ha anche la sgradevole controindicazione di rallentare la crescita economica. Il rischio è che tale rallentamento, sommato ad un impatto della guerra superiore al previsto, possa mandare il modo in recessione.
Peraltro, le dichiarazioni da parte di tutte le banche centrali di voler contrastare in maniera decisa il rialzo dei prezzi hanno anche lo scopo di ancorare verso il basso le aspettative di inflazione degli operatori economici, nella speranza che la semplice minaccia di alzare i tassi con convinzione possa rendere necessario un rialzo più contenuto degli stessi.
Qual è l’impatto sui mercati del rialzo dei tassi?
Quando i tassi salgono in una prospettiva di rallentamento economico, tutte le attività finanziarie tendono a soffrire, ma in modo differenziato. I titoli di Stato e le obbligazioni di società solide a breve termine sono meno soggette ad oscillazioni dei prezzi, mentre titoli di stato ed le obbligazioni a medio-lungo termine, nonché le azioni dei settori a più alta crescita, tendono a subire le maggiori contrazioni dei prezzi (chi volesse approfondire il perché può leggere il mio articolo del 25.09.2021 “Investire in obbligazioni: perché non dovresti sottovalutare il rischio tassi“). Anche gli immobili tendono a soffrire in maniera marcata il rialzo dei tassi di interesse ed il rallentamento della crescita economica. Dunque, gli investitori dovrebbero selezionare con attenzione le attività finanziarie da sovrappesare e quelle da sottopesare (ricordando di mantenere sempre un portafoglio diversificato). Attenzione però ad investire, come si suol dire, guardando nello specchietto retrovisore anziché alla strada innanzi a se. Per molti aspetti l’attuale situazione dei mercati è molto più favorevole che nel recente passato. A mero titolo di esempio, oggi un titolo di Stato italiano a 5 anni rende quasi il 3% ed uno a 10 anni si sta avvicinando al 4%, rendimenti che solo pochi mesi fa erano inimmaginabili. Come al solito, i momenti di crisi “rischiano” di offrire qualche opportunità, a patto di avere la pazienza di attendere, di fare scelte prudenti ed in linea con i propri obiettivi ed orizzonti temporali, di non farsi prendere dalla comprensibile ansia del momento. Come ricorda Woody Allen nel suo Discorso ai Laureandi: “In conclusione è chiaro che il futuro offre grandi opportunità, ma è anche disseminato di trabocchetti. Il trucco consiste nell’evitare i trabocchetti, prendere a balzo le opportunità e rientrare a casa per l’ora di cena.”

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