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Il presidente degli Stati Uniti Donal Trump ha firmato gli ordini esecutivi che stabiliscono l’importo delle tariffe doganali dei beni importati dagli Stati Uniti. Si tratta di tariffe comprese fra il 10 ed il 50% che avranno impatti notevoli sul commercio internazionale e sulla crescita economica mondiale. Per l’Europa le tariffe sono state fissate al 15% per la maggior parte dei beni, mentre per Canada, Svizzera e Brasile i dazi sono su livelli considerati dalla maggior parte degli economisti irragionevolmente elevati. Quale il dettaglio delle tariffe? Quale sarà l’impatto economico delle decisioni prese e chi subirà i maggiori danni dalle politiche commerciali degli Stati Uniti? Perché Trump sta puntando così tanto sui dazi?

 

 

Le nuove percentuali applicate ai dazi nei confronti dei diversi paesi

Gli ordini esecutivi firmati dal presidente Trump introducono un’ondata di dazi commerciali destinati ad entrare in vigore dal 7 agosto 2025.  Le misure, che colpiscono decine di Paesi, rappresentano una delle più radicali revisioni del sistema commerciale globale dal secondo dopoguerra. L’Unione Europea resta con un dazio del 15% (con alluminio ed acciaio al 50% ed esenzioni per una serie limitata di beni ancora in via di definizione). Viene confermato il 15% anche per il Giappone, la Gran Bretagna al 10%, mentre verrà penalizzato il Canada con un aumento dal 25 al 35%, in risposta secondo Trump alle continue ritorsioni di Ottawa. Punita anche la Svizzera, accusata di speculare con la vendita dei farmaci negli Usa, con una tariffa più alta di quella dichiarata il 2 Aprile e pari al 39%. Con la Cina sono ancora in corso trattative per raggiungere un equilibrio fra i due Big dell’economia mondiale con dazi temporanei al 30%. L’immagine sotto sintetizza i dazi in vigore ad agosto 2025

Per quanto in molti casi le tariffe si sono attestate su percentuali inferiori a quelle minacciate da Trump ad inizio aprile, secondo lo Yale Budget Lab il dazio medio reale applicato dagli Usa è balzato dal 2,2% di inizio aprile al 18,3% di inizio agosto. Sebbene molti Paesi, e la stessa Europa, abbiano tirato un sospiro di sollievo per l’accordo raggiunto, si tratta di livelli così alti da riportare le tariffe doganali agli anni ’30 del secolo scorso. Il grafico sotto illustra l’evoluzione di dazi medi Usa dal 1900 in poi, mostrando come si è rapidamente passati da livelli medi inferiori al 3% a quelli attuali: in pochi mesi si è fatto un balzo indietro di 90 anni in tema di tariffe doganali! Saranno in grado questi dazi di riequilibrare la bilancia commerciale statunitense?

 

 

Le cause del deficit commerciale Usa

Gli Stati Uniti sono la prima economia mondiale ed importano più beni e servizi di quanti ne esportino. Le cause del deficit commerciale Usa (importazioni che superano le esportazioni) non sono dovute ai dazi applicati dai vari Paesi agli Usa, come Trump sta cercando di far credere, ma ad una combinazione di fattori economici strutturali per l’economia americana quali:

  • Il basso tasso di risparmio interno: gli americani, sia come famiglie che come governo, spendono più di quanto guadagnano e ciò determina una domanda molto elevata che non riesce ad essere soddisfatta dai beni e servizi prodotti negli Usa;
  • La delocalizzazione produttiva attuata dalle grandi aziende statunitensi che hanno spostato le produzioni in Paesi con costi di produzione più bassi, soprattutto in Messico, Cina e Vietnam;
  • La dipendenza da beni di consumo esteri che costringono gli Stati Uniti ad importare grandi quantità di beni tecnologici, componenti industriali, automobili, abbigliamento.

 

 

 

Gli effetti dei dazi sull’economia

I dazi avranno un effetto di contrazione sull’economia globale. Secondo le analisi economiche più recenti, i paesi più colpiti saranno il Messico, il Canada e proprio gli Stati Uniti. Infatti, i dazi alzano artificiosamente i prezzi dei beni importati con una tassa che viene pagata dai cittadini del paese che li applica.  I cittadini americani compreranno le auto cinesi o i formaggi italiani a prezzi più elevati rispetto a quelli che avrebbero pagato in assenza dei dazi. I prezzi più elevati tenderanno a ridurre la domanda di beni e servizi con un effetto di contrazione dell’economia. Ma anche i paesi esportatori, come l’Italia, saranno penalizzati dai dazi attraverso una contrazione delle vendite di beni negli Usa. Secondo molti economisti, le politiche commerciali di Trump ostacoleranno il processo di globalizzazione e ridurranno la crescita economica di tutti gli stati coinvolti. La tabella sotto illustra le previsioni di crescita economica pubblicate in settimana dal Fondo Monetario Internazionale: il mondo dovrebbe rallentare leggermente la crescita rispetto al 2024, mentre il Messico e gli Stati Uniti dovrebbero subire un forte rallentamento della crescita rispettivamente dell’1,2% e dello 0,9% in gran parte dovuto all’effetto dei dazi ed alla crescente incertezza economica.

 

 

Perché Trump vuole i dazi anche se fanno male all’economia americana

 Molti si domandano perché Trump punti in maniera così forte sui dazi nonostante gli effetti negativi che essi hanno sulla crescita economica. Secondo molti esperti gli obiettivi del presidente Usa sono molteplici, ma sostanzialmente riconducibili a tre finalità:

  • riportare la produzione manifatturiera negli Stati Uniti, sebbene molti ritengano che non sarà in grado di raggiungere obiettivi rilevanti e che per effetto dei dazi la disoccupazione possa salire;
  • incrementare le entrate fiscali in modo da alleggerire il deficit del bilancio pubblico aggravato dai recenti tagli delle tasse;
  • proporre politiche che hanno una forte presa sulla sua base elettorale (lavoratori dell’industria, agricoltori, piccole imprese colpite dalla globalizzazione) proponendo un’America forte, indipendente e che “non si fa fregare” dagli altri Paesi.

Da un punto di vista interno, Trump porta a casa un innegabile successo di immagine, accreditandosi come un abile negoziatore che mantiene le promesse politiche e che è in grado di farsi rispettare dal mondo intero mettendo innanzi gli interessi statunitensi. Resta da vedere in che modo queste azioni si concretizzeranno in reali vantaggi duraturi per l’economia Usa. Le prime previsioni sembrano andare nella direzione opposta.

 

 

 

Conclusioni

Trump vuole i dazi nonostante (o forse proprio perché) sono controversi. Essi prospettano vantaggi visibili e rapidi a categorie chiave del suo elettorato, sono simbolicamente forti e mostrano che “lui combatte” per gli americani. Accanto all’indubbio successo di immagine, resta da vedere se le politiche attuate riusciranno a ridurre il deficit commerciale e la tendenza delle imprese Usa a trasferire all’estero le attività industriali in cerca di minori costi di produzione. La maggior parte degli economisti ritengono che queste politiche possano ridurre la competitività, far crescere l’inflazione e rallentare l’economia globale e degli stessi Stati Uniti. Trump promette che, dopo gli inevitabili scossoni iniziali, per gli Usa si prospetta una nuova età dell’oro. I prossimi anni ci indicheranno chi ha ragione, ma poiché come diceva Keynes “nel lungo periodo saremo tutti morti”, non resta che augurarsi che le conseguenze di breve termine non siano particolarmente gravi.