Hai mai pensato a quanto un diploma o una laurea possano influenzare non solo la tua vita, ma anche il futuro del nostro intero Paese? Spesso l’istruzione viene vista come un percorso personale, una scalata verso un lavoro migliore. Ma i dati dell’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE) ci dicono molto di più: l’istruzione è un motore potentissimo, sia per le nostre vite che per l’economia nazionale. Purtroppo, il nostro Paese ha ancora tanta strada da fare e non si distingue positivamente nel confronto internazionale. L’Italia è ultima per numero di giovani laureati: solo uno studente su tre oggi arriva alla laurea contro una media Ocse che sfiora il 50%. Peraltro, la maggior parte di questi laureati proviene da una famiglia con genitori a loro volta laureati. Un italiano su tre capisce solo testi semplici e brevi e non sarebbe in grado di comprendere pienamente anche queste poche righe. È quanto emerge dal report Education at a Glance 2025 – Uno sguardo sull’istruzione 2025, pubblicato in questi giorni dall’OCSE. A settembre di ogni anno, l’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico, redige un rapporto sui livelli di istruzione nel mondo e nei diversi paesi. Vediamo più in dettaglio i risultati del rapporto e come si posizione l’Italia nel panorama internazionale.
Disuguaglianze educative e occupazione
In Italia il 63% dei giovani adulti con almeno un genitore laureato raggiunge a sua volta l’istruzione terziaria, mentre la percentuale scende al 15% per chi ha genitori con un’istruzione inferiore al diploma secondario superiore. Questo divario del 48% è molto elevato e superiore alla media OCSE: segno di un ascensore sociale fuori servizio e di una scuola che non riesce ad attenuare le disuguaglianze garantendo a tutti pari opportunità nei livelli di istruzione.
Ma non è tutto qui. L’istruzione è un vero e proprio “scudo” contro la disoccupazione. I dati non lasciano spazio a dubbi. I giovani senza un diploma faticano molto di più a trovare lavoro: il tasso di disoccupazione nella fascia di età 25-34 anni è del 14,8% per chi non ha un diploma, dell’8,9% per chi ha un diploma e del 6,5% per i laureati.
C’è un detto che recita: “La conoscenza non ha prezzo”, ma in realtà i numeri ci mostrano che ha un elevato valore economico. In Italia, i laureati guadagnano mediamente il 33% in più rispetto a chi si ferma al diploma. Si tratta di un divario inferiore alla media OCSE (54%), ma comunque significativo. E chi non completa neppure le superiori si ritrova con uno stipendio inferiore di quasi il 20% rispetto a chi il diploma ce l’ha. Un’ulteriore conferma che investire nell’istruzione favorisce un circolo virtuoso, incrementa la sicurezza economica ed il benessere delle persone.
Istruzione terziaria e laureati
Molti passi avanti vanno ancora fatti anche in tema di efficacia dei processi di formazione universitaria. In Italia la durata degli studi è ancora troppo elevata: solo il 37% degli studenti universitari completa il percorso di studi entro la durata prevista. Questa percentuale sale al 56% dopo tre anni aggiuntivi, rimanendo comunque al di sotto della media OCSE (70%). Questi dati, insieme ai tassi di abbandono dopo il primo anno (13% circa), mettono in luce un divario tra aspettative degli studenti e realtà dei corsi prescelti. Inoltre, riflettono lamancanza di un efficace orientamento professionale e di un supporto adeguato durante il percorso di studi. Quanto alle differenze di genere, in Italia le donne rappresentano il 56% delle matricole universitarie, superando la media OCSE (54%) ed hanno anche maggiori probabilità di completare gli studi rispetto agli uomini.
Risorse Finanziarie e Docenti
L’efficacia dei processi educativi e di formazione professionale dipende dalla quantità delle risorse spese e dall’efficienza con cui vengono impiegate. L’Italia spende 12.666 dollari per studente dal livello primario a quello post-secondario, una cifra nella media OCSE. Al contrario, la spesa per l’università (8.992 $ per studente) è significativamente inferiore a quella per i livelli precedenti e molto al di sotto della media OCSE (15.102 $). Se invece facciamo una valutazione in rapporto al Prodotto Interno Lordo (PIL), in Italia gli investimenti nell’istruzione sono complessivamente pari al 3,9 % del PIL, un valore inferiore alla media dell’OCSE, che è pari al 4,7 %.
L’efficacia dei processi di apprendimento dipende in misura rilevante anche dalla qualità del corpo docente.Una remunerazione competitiva può rendere più attraente la professione di insegnante, soprattutto considerando che in molti Paesi i docenti guadagnano meno di altri lavoratori con lo stesso titolo di studio. In Italia, gli stipendi effettivi degli insegnanti della scuola primaria sono inferiori del 33 % rispetto a quelli dei lavoratori a tempo pieno su un anno, con un titolo di studio terziario, rispetto a una media del 17 % in meno nella zona OCSE. Tuttavia, l’aumento delle retribuzioni degli insegnanti può risultare complesso dal punto di vista finanziario, in quanto i costi del personale costituiscono la quota maggiore della spesa per l’istruzione.
Quanto alle ore di insegnamento, gli studenti italiani hanno un numero di ore di istruzione obbligatoria(917 ore nel primario e 990 ore nel secondario di primo grado) superiore alla media OCSE. Le classi, a differenza di quanto si possa ritenere, sono mediamente composte da 17,9 studenti, contro una media OCSE di 20,6. Il problema della qualità degli apprendimenti non sembra dunque legata né alla quantità delle ore di istruzione, né alla numerosità degli studenti per classe.
Cosa possiamo fare
Il rapporto OCSE offre anche raccomandazioni su cosa è opportuno fare per colmare il divario dell’Italia rispetto agli altri paesi. Tra le azioni proposte:
- migliorare la qualità dell’insegnamento attraverso una formazione più mirata degli insegnanti, il rafforzamento delle competenze digitali e delle competenze didattiche in generale;
- promuovere una maggiore equità regionale per ridurre le disparità tra nord e sud, attraverso politiche che garantiscano l’accesso equo a risorse educative di alta qualità in tutto il paese.
- potenziare la formazione professionale e l’apprendistato, migliorando il collegamento tra il sistema educativo e il mondo del lavoro, per ridurre la disoccupazione giovanile e migliorare l’occupabilità.
- aumentare il finanziamento e l’efficienza del sistema educativo, in particolare per quanto riguarda le infrastrutture scolastiche e le opportunità di apprendimento.
In sostanza l’Ocse ci dice che dovremmo rafforzare il legame tra istruzione e lavoro, supportare gli studenti con percorsi di studio più mirati e investire in docenti e strutture scolastiche.
Conclusioni
Il rapporto non si limita a fotografare i problemi: propone un cambio di paradigma. L’istruzione deve diventare più inclusiva, più pratica, più orientata alle competenze e soprattutto deve essere valorizzata come leva strategica per lo sviluppo del Paese. D’altronde, il capitale umano è da sempre considerato dagli economisti come un fattore chiave di crescita economica e di benessere nel lungo periodo. L’istruzione non è solo una spesa, ma la base su cui costruire un’economia forte e una società più equa. In fondo, il futuro dell’Italia lo stiamo scrivendo sui banchi di scuola, oggi.

Consulente Finanziario a Napoli. Ti aiuto a fare le scelte finanziarie più efficaci in base ai tuoi progetti di vita.